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Il governo cinese ha bollato l’indipendenza del Tibet invocata dal Dalai Lama come “totalmente insostenibile”, sollecitando il leader spirituale a “desistere realmente” dal proposito di estendere alla regione la politica di “un paese, due sistemi” applicata a Hong Kong e Macao.
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Il Dalai Lama aveva chiesto a più riprese una struttura autonoma come Hong Kong e Macao Pechino (AsiaNews/Xinhua) – Il governo cinese ha bollato l’indipendenza del Tibet invocata dal Dalai Lama come “totalmente insostenibile”, sollecitando il leader spirituale a “desistere realmente” dal proposito di estendere alla regione la politica di “un paese, due sistemi” applicata a Hong Kong e Macao.
Un documento di 30 pagine rilasciato dall’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato intitolato “Autonomia etnica regionale in Tibet” difende la politica di Pechino sulla regione, rifiutando le proposte di una maggiore autonomia avanzate dal Dalai Lama. Secondo il comunicato, la situazione del Tibet è completamente diversa da quella di Hong Kong e Macao, conseguenza della passata “aggressione imperialista contro la Cina”: “Il governo centrale ha sempre esercitato un’effettiva sovranità sulla regione (il Tibet). Pertanto, la questione di riprendere la sovranità non esiste, né esiste la possibilità di applicare un altro sistema sociale (come a Hong Kong e Macao)”. Elencando fatti a supporto delle tesi enunciate, la posizione del governo è definita a favore dei “fondamentali interessi della popolazione tibetana”: “Con l’applicazione dell’autonomia etnica regionale, il popolo tibetano gode pienamente del diritto politico dell’autonomia, ha pieni poteri decisionali per lo sviluppo economico e sociale, ha libertà di ereditare e sviluppare le proprie tradizioni e di praticare il credo religioso”. Si evidenzia che al contrario, sotto il regno del Dalai Lama, “perfino nella prima metà del 20º secolo, il Tibet era una società ben più buia e retriva dell’Europa medievale”, ma che dopo quasi 40 anni di autonomia etnica regionale “ha registrato una rapida crescita economica e un progresso sociale globale” e i tibetani “sono diventati attori e beneficiari della ricchezza materiale e culturale della società”. Poi il comunicato recita: “Qualsiasi atto volto a minacciare e cambiare l’autonomia etnica regionale in Tibet è una violazione della costituzione e della legge ed è inaccettabile all’intero popolo cinese, comprese le masse del popolo tibetano”.
Recentemente, il Dalai Lama si è recato in visita in diversi paesi - Stati Uniti, Italia, Francia, Canada, Taiwan – per sollecitare la comunità internazionale a salvare il popolo tibetano dal genocidio.
Intanto, Gyaincain Norbu, l’11º Panchen Lama nominato dal Pechino nel 1995, ha visitato alcuni templi buddisti nella provincia settentrionale dello Shanxi, dove più volte e invano il Dalai Lama ha chiesto il permesso di recarsi. Gyaincain Norbu, 13 anni, ha preso il posto del 10º Panchen Lama, Gedhun Choekyi Nyima, che a soli 15 anni è il più giovane prigioniero politico del mondo.
Durante l’occupazione militare cinese , dal 1950 in poi, sono stati demoliti migliaia di monasteri, templi e monumenti artistici ed è stata attuata una vera e propria “pulizia etnica” mediante aborti forzati e sterilizzazioni di massa delle donne tibetane e il trasferimento di milioni di coloni cinesi. (ThR) |