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Kashmir, storia di un conflitto

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Rassegna stampa curata saltuariamente da Marco Vasta


16/09/2002  Il Kashmir vota per una normalità quasi impossibile


dal 16/09/2002 al 16/09/2002 Stato: Kashmir

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Fonte:Giornale di Brescia

In Breve (lingua: Italiano )

Frenetiche trattative tra esponenti «moderati» del secessionismo e plenipotenziari del governo di New Delhi si sono svolte fino alla vigilia delle elezioni, ma non sono riuscite a gettare le basi di un’elezione «diversa». I principali gruppi secessionisti, primo tra tutti la Hurryat Conference (Conferenza per la libertà), hanno quindi deciso per l’ennesima volta di boicottare il processo elettorale. Il boicottaggio è stato propagandato anche dai gruppi della minoranza indù, all’altro capo dello spettro politico del territorio. Centinaia di migliaia di indù sono stati costretti ad abbandonare la regione per le violenze dei guerriglieri. A rappresentare i musulmani del Kashmir ci saranno - oltre alla screditata Conferenza Nazionale, il partito filoindiano al potere da sei anni - dei gruppi locali e pochi «indipendenti» vicini ai secessionisti, che già hanno denunciato irregolarità nella compilazione delle liste elettorali e nella scelta dei funzionari addetti ai seggi.


Contenuto di: Nello Stato indiano a maggioranza musulmana 13 anni di guerra civile. Alle urne in 4 puntate

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ulla parola)

Dovrebbero essere il momento di svolta verso il ritorno alla normalità, almeno nelle intenzioni del governo indiano. Invece, le elezioni regionali che si terranno a partire da oggi (15 ndt) nel Kashmir, il territorio indiano a maggioranza musulmana rivendicato dal Pakistan, si svolgeranno in clima di violenza e tra lo scetticismo di gran parte della popolazione.
TENSIONE AL CONFINE
Dopo aver già combattuto tre guerre per il Kashmir, le due potenze nucleari della regione sono da mesi sull’orlo della quarta e centinaia di migliaia di soldati in assetto da guerra rimangono schierati sulla Linea di Controllo (Loc), il confine non riconosciuto tra i due P aesi. I guerriglieri secessionisti, sostenuti dal Pakistan e rinforzati da migliaia di «afghani» della Legione Straniera islamica, hanno dato vita nel mese che ha preceduto le elezioni a un nuovo ciclo di violenze nelle quali sono morte oltre trecento persone, tra cui un ministro del governo provinciale e altri due candidati al Parlamento provinciale. Il presidente pachistano Pervez Musharraf ha già affermato che le elezioni saranno «una farsa». L’India ha ribattuto accusando il Pakistan di voler sabotare le elezioni, per impedire che il Kashmir abbia dei rappresentanti «democraticamente eletti», e lo stesso Musharraf di essere un dittatore.
OSSERVATORI STRANIERI
Il governo nazionalista indiano guidato da Atal Bihari Vajpayee ha puntato molto sulle elezioni in Kashmir, facendo affidamento sulla stanchezza della popolazione musulmana dopo tredici anni di violenze che hanno causato la morte di almeno 35mila persone e messo in ginocchio la fragile economia del territorio, che prima della rivolta secessionista aveva nel turismo la sua risorsa principale. Gli indiani hanno rifiutato la presenza di osservatori stranieri affermando che la «più grande democrazia» del mondo (quella indiana n.d.r.) non ha bisogno di esami per garantire elezioni «libere e regolari». Ma tra la popolazione lo scetticismo ha radici profonde: tutti ammettono che una buona parte delle precedenti consultazioni elettorali, in particolare quelle che ebbero luogo nel 1987, tre anni prima dell’esplosione della guerriglia secessionista, erano state truccate. Alla fine, New Delhi ha «invitato» giornalisti e diplomatici stranieri presenti in India a recarsi in Kashmir nel periodo elettorale, garantendo loro «completa libertà» di movimento. L’invito è stato accolto da decine di giornalisti e da una ventina di Ambasciate, tra cui quella italiana, che hanno inviato funzionari a osservare il processo elettorale.
BOICOTTAGGIO DEI SECESSIONISTI
Frenetiche trattative tra esponenti «moderati» del secessionismo e plenipotenziari del governo di New Delhi si sono svolte fino alla vigilia delle elezioni, ma non sono riuscite a gettare le basi di un’elezione «diversa». I principali gruppi secessionisti, primo tra tutti la Hurryat Conference (Conferenza per la libertà), hanno quindi deciso per l’ennesima volta di boicottare il processo elettorale. Il boicottaggio è stato propagandato anche dai gruppi della minoranza indù, all’altro capo dello spettro politico del territorio. Centinaia di migliaia di indù sono stati costretti ad abbandonare la regione per le violenze dei guerriglieri. A rappresentare i musulmani del Kashmir ci saranno - oltre alla screditata Conferenza Nazionale, il partito filoindiano al potere da sei anni - dei gruppi locali e pochi «indipendenti» vicini ai secessionisti, che già hanno denunciato irregolarità nella compilazione delle liste elettorali e nella scelta dei funzionari addetti ai seggi. Al diffuso scetticismo si sono poi sommati gli attentati e le minacce dei guerriglieri ed è difficile che la percentuale dei votanti - principale criterio di giudizio per valutare la riuscita delle elezioni - superi il dieci per cento, secondo gli osservatori. Circa sei milioni di elettori verranno chiamati alle urne in quattro fasi: alla prima di oggi seguiranno quelle del 24 settembre e del 2 e 8 ottobre. I membri dell’Assemblea Provinciale che verranno eletti, che poi sceglieranno il governo dello Stato, sono 87 in tutto.


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