11/01/2002
Libertà religiosa, questa sconosciuta (una sintesi di Millo de Cillis sulla situazione cinese) |
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11/01/2002 |
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11/01/2002
| Stato: Cina |
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Jiang Zemin chiede un maggiore controllo sulla religione in Cina
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Fonte: | il Manifesto |
In Breve
(lingua: Italiano
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Stretta nella morsa della più generale repressione dei diritti umani, la libertà religiosa è ancora straniera in quel di Pechino. A farne le spese sono cristiani, buddisti tibetani, minoranze islamiche, movimenti religiosi di varia natura come le sette Falun Gong e Qi Gong. Una situazione che dopo l'11 settembre è decisamente peggiorata: l'Alto Commissario Onu per i diritti umani, Mary Robinson, in visita a Pechino nel novembre scorso, ha messo in guardia la Cina dall'utilizzare la guerra al terrorismo come pretesto per colpire le minoranze etniche e religiose.
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Libertà religiosa, questa sconosciuta Cristiani, buddisti, musulmani, seguaci della Falung gong: così Pechino reprime i culti MIMMO DE CILLIS (lettera 22)
Stretta nella morsa della più generale repressione dei diritti umani, la libertà religiosa è ancora straniera in quel di Pechino. A farne le spese sono cristiani, buddisti tibetani, minoranze islamiche, movimenti religiosi di varia natura come le sette Falun Gong e Qi Gong. Una situazione che dopo l'11 settembre è decisamente peggiorata: l'Alto Commissario Onu per i diritti umani, Mary Robinson, in visita a Pechino nel novembre scorso, ha messo in guardia la Cina dall'utilizzare la guerra al terrorismo come pretesto per colpire le minoranze etniche e religiose. Desta preoccupazione l'aggressione alla minoranza etnica musulmana degli uiguri, nella provincia dello Xinjiang (Cina occidentale), che chiedono l'autonomia dal governo centrale e il rispetto della cultura islamica. Non sono trattati meglio gli attivisti tibetani, vittime di una nuova campagna governativa lanciata nel 2001 e chiamata "Colpisci duro", che ha portato all'esecuzione di oltre duemila persone. Di recente Pechino ha pubblicato un documento in cui si esalta il contributo cinese allo sviluppo economico del Tibet e si accusa il Dalai Lama di "sabotare la stabilità della Cina". Tortura, confino in ospedali psichiatrici e pena capitale sono ormai prassi nella repressione della setta Falun gong, che da circa due anni Pechino ha deciso di eliminare perché colpevole di organizzare seminari e sessioni pubbliche di esercizi di ginnastica spirituale non autorizzata. La questione è altrettanto spinosa per i cristiani e tantopiù per i cattolici. Il governo cinese richiede che i cristiani esercitino il culto soltanto all'interno di associazioni controllate dallo stato, come l'Associazione patriottica cattolica cinese, che rifiuta i legami col papa e col Vaticano ed è gestita da membri del partito comunista, spesso atei. Le chiese cristiane che rifiutano il controllo della polizia e delle associazioni patriottiche sono considerate clandestine e perseguitate. I fedeli che praticano la fede in privato e rifiutano di essere registrati sono ricercati, arrestati e sottoposti a sessioni di rieducazione. I cattolici "sotterranei" sono almeno otto milioni. In questo contesto si inserisce la questione delle relazioni diplomatiche fra Cina e Santa Sede. Pechino pone come condizione che il Vaticano rompa le relazioni con Taiwan e non interferisca nelle questioni interne cinesi. La Chiesa cattolica in Cina, si afferma, è patriottica e indipendente nella gestione dei suoi problemi e nella scelta e l'ordinazione dei vescovi. Una posizione che tuttora crea una spaccatura insanabile. Nessun effetto di rilievo ha avuto la recente richiesta di perdono lanciata da Woytila nell'ottobre 2001, una mano tesa che finora Pechino ha rifiutato sdegnosamente. Anzi, da allora si registra una recrudescenza di arresti e persecuzioni, come accaduto a novembre scorso nella diocesi di Feng Xiang, nello Shaanxi (Cina centrale), dove i cattolici rischiano l'estinzione. Ininfluente sulla politica religiosa, secondo gli osservatori, anche il recente ingresso della Cina nell'Organizzazione mondiale per il commercio, che molti speravano potesse costituire un grimaldello per una maggiore apertura di Pechino al rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali. |
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lunedì 05 maggio 2003
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