TIBET / SACRILEGIO SULLA MONTAGNA CARA AI BUDDHISTI Non c'è pace fra le nevi Pechino autorizza la scalata del Kailash. E il Dalai Lama insorge
di Raimondo Bultrini Quando la notizia è rimbalzata dalle riviste specializzate di alpinismo a qualche giornale e agenzia di stampa, il Dalai Lama ha convocato i suoi collaboratori per chiedere se davvero i cinesi avessero osato tanto. Lo stesso era accaduto negli uffici dei primi ministri indiano e nepalese a leggere che la più sacra delle montagne dell'Asia, il Mont Kailash, sarebbe stata scalata da una spedizione di alpinisti spagnoli guidata da Jesus Martinez Novas su autorizzazione del governo cinese.
Di fronte all'abituale silenzio-assenso delle autorità di Pechino sotto il cui territorio ricade la regione del Kailash dopo l'invasione del Tibet, il leader spirituale dei tibetani ha preso carta e penna per chiedere al mondo di aiutarlo a evitare l'ultimo insulto al credo religioso non solo dei buddhisti di tutto il mondo, ma anche degli hinduisti, che ritengono il Kailash la sede del dio Shiva.
La reazione è stata un tam tam immediato e dai toni angosciati in tutto il mondo, a cominciare dagli alpinisti professionisti fino alle masse di devoti che considerano l'ascensione del Kailash un'impresa sacrilega. Per i tibetani e per gli indiani è come se un giorno Reinhold Messner decidesse di scalare con picconi e picchetti la cupola di San Pietro, o la moschea della Mecca, luoghi dello spirito prima che fisici, «imprese estremamente facili da realizzare col corpo», dice un lama residente nella città indiana di Dharamsala dove ha sede il governo tibetano in esilio, «ma ardue da raggiungere con la mente umana e di conseguenza destinate a rare figure di illuminati, uomini che hanno già realizzato la natura divina di tutte le cose come il celebre santo Milarepa, che fu poeta mistico e "yogi" dai poteri supernaturali». Proprio Messner ha ricordato allo spagnolo Martinez che, in fondo, non sarebbe una grande impresa salire sul Kailash (6.700 metri).
Del resto la specialità del Kailash non è certo la vertigine dei suoi fianchi rocciosi. È di gran lunga più basso e rotondeggiante di altre vette attorno, ma la sua figura si staglia come una visione e, soprattutto, cela segreti che lentamente la scienza ha nel corso dei secoli iniziato a disvelare confermando antiche credenze che sembravano frutto delle solite superstizioni popolari. "Centro del mondo", "Tetto della Terra", "Ricettacolo di oro e pietre preziose", "Sorgente dei quattro fiumi" erano le sue antiche definizioni. Finché si è scoperto che effettivamente il Kailash celava nel suo ventre fecondo le sorgenti del Bramaputra, dell'Indo, del Sutlej e del Karnali, quattro tra i più importanti fiumi dell'Asia.
I pellegrini tibetani girano per tre giorni attorno alla sua vetta, spesso prostrandosi a terra lungo il cammino. A chi compie per 108 volte questa sorta di girotondo, dicono, è garantita salvezza eterna. Ma a chi lo scalerà, a meno di essere il santone Milarepa, potrebbero capitare al contrario svariati guai.
16.08.2001
|