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Kashmir, storia di un conflitto

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Rassegna stampa curata saltuariamente da Marco Vasta


29/06/2001  Parla il Dalai Lama: «G8, giusta la protesta ma senza violenza»


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Il quattordicesimo Dalai Lama del Tibet, Tenzin Ghyatso

«G8, giusta la protesta ma senza violenza»
Parla il Dalai Lama: «Penso al mio popolo in esilio, "geloso" della vostra autonomia»
LA VISITA DEL DALAI LAMA


TRENTO. Un sorriso disarmante colmo di serenità, gesti gentili e occhietti quasi infantili. Il quattordicesimo Dalai Lama del Tibet, Tenzin Ghyatso, ieri ha affascinato i trentini durante la prima delle due giornate di visita. Accolto da capo di Stato ha parlato con i politici, ma non si è negato alla gente comune. Lo ha fatto con sincerità: ammettendo di non conoscere personalmente la fondatrice dei focolarini Chiara Lubich, di essere "invidioso" della nostra autonomia, di ritenere che ciascun popolo dovrebbe mantenere la propria religione. E non biasimando il popolo di Seattle.
Appena arrivato in Trentino, lei ha voluto farsi illustrare dal presidente della Provincia, e dal suo vice, le caratteristiche della nostra autonomia. Da oltre 30 anni lotta per farla ottenere al suo Tibet. Quale è la situazione attuale?
«Abbiamo fatto tutto il possibile, ma con la Cina non solo è difficile trattare ma anche parlare. Pensate che, in un documento riservato del partito comunista che il Govero tibetano in esilio ha scoperto l'anno scorso - mi si voleva far passare per bugiardo. Tentavano di fare opera di convincimento che io in Occidente racconto frottole sulla nostra condizione. Scusate, mi viene da ridere. Per i cinesi la gente in occidente è credulona. Avrei ingannato tutti per così tanti anni, compresi oggi (ieri) il presidente Dellai ed il suo vice Pinter? Una cosa piuttosto: vedendola sono "geloso" della vostra autonomia, della vostra libertà. Ecco come nello stringere tra le mani questo campanellino d'oro che mi ha donato la Provincia mi viene in mente il mio Paese. Ma mi ricordo anche che non siamo liberi. E che la nostra nazione ha origine antichissime, si parla di almeno 4000 anni fa. Tra l'altro la nostra condizione di indipendenza, prima dell'invasione cinese, aveva anche una funzione d salvaguardia degli equilibri di quella zona dell'Asia. La nostra collocazione chiave, tra Cina ed India, serviva come cuscinetto tra le due superpotenze. Ora la situazione è precipitata, con riflessi sulla situazione mondiale».
La ricerca di una condizione di autonomia per la Sua gente non può essere, in qualche modo, stridente con una globalizzazione sempre più invadente ed omogeneizzante?
«Non credo. La globalizzazione è un fenomeno soprattutto economico che ha reso interdipendenti fra loro diverse nazioni. Cambiano le attitudini, muta il modo di mangiare, ma si allargano anche gli orizzonti di ciascuno di noi».
La globalizzazione, secondo lei, non è un pericolo?
«Può esserlo per le culture che non hanno una radice profonda. Diversamente può essere utile. Per fare un esempio i nostri popoli nomadi in Tibet ora hanno i thermos dentro le tende, possono conservare cibo e bevande al caldo. Insomma il mondo cambia in continuazione. Il rischio ci può essere quando una multinazionale causa un arresto dello sviluppo delle economie locali. Ora, in India, c'è molta preoccupazione per la presenza di una massiccia quantità di musica e di film di provenienza Usa. Ma questi, in realtà sono solo aspetti superficiali, i veri valori da salvaguardare non sono certo questi. Piuttosto...».
Quali consigli si sente di dare?
«Per tornare alle sue perplessità sull'intreccio della globalizzazione con l'autonomia, posso dire che quest'ultima, per quanto mi riguarda, si incentra soprattutto con il mantenimento dello spirito e della religione tibetana».
Ci consente di tornare ancora un istante sulla globalizzazione? Tra meno di un mese a Genova avrà luogo il G8. Che ne pensa il Dalai Lama del popolo di Seattle?
«Mi pare un fatto positivo che i grandi della Terra si trovino per affrontare tematiche di enorme importanza. Non c'è solo la globalizzazione, ma anche l'ecologia, lo sfruttamento dei paesi poveri. Questi sono temi forti e se i leader si dimenticano dei temi reali è giusto che la gente glieli ricordi, anche con manifestazioni di piazza, gridando, se non c'è altro modo per evidenziarlo ma senza alcuna forma violenza. Purtroppo, quello che si vede talvolta, come di recente in Svezia, è molto triste».
Santità quale è il suo atteggiamento di fronte ad un buddismo sempre più diffuso in Occidente grazie alla pratica di testimonial eccellenti. Pensiamo a gente di spettacolo come Richard Gere o Kay Rush o a sportivi come Baggio.
«E' difficile valutare, si dovrebbe conoscere caso per caso. Di certo qualcuno può trovare e seguire una nuova via spirituale, per altri è solo una questione di moda. In termini generali dico sempre che è meglio seguire la propria religione, è più efficace perché legata alla cultura e tradizione di origine. Cambiando si rischia di fare confusione. Anche in Tibet c'erano dei cristiani, ma sono rimasti un'eccezione... Le conversioni di massa sono impossibili. Una cosa piuttosto: chi anche decidesse di diventare buddista (e uno su un milione può essere mosso da sincere intenzioni) stia ben attento a non criticare la sua vecchia religione».
Che cosa può dare il buddismo ai cattolici?
«In Occidente è arrivata una parte del buddismo, in tutta la sua interezza sarebbe troppo difficile. Credo che agli occidentali possa essere molto utile il concetto di "interdipendenza" portato avanti dalla nostra religione. Vi può servire per capire che ogni avvenimento non ha una unica causa, ma tante e diverse motivazioni alla sua origine. L'"interdipendenza" di queste cause serve per allargare la propria prospettiva di comprensione della vita».
E papa Giovanni Paolo II che cosa ha portato in Oriente?
«E'un grande esempio di impegno per la riconciliazione. Ha ristabilito molti rapporti tra religioni che si caratterizzavano per lunghissimi anni di contrasto. Il papa è addirittura arrivato a chiedere scusa per gli errori della Chiesa».
Lei, da domani sera al 2 luglio, sarà a Mariapoli. Che cosa ne pensa dei Focolarini ed in particolare di Chiara Lubich. E' trentina, è candidata a quel premio Nobel per la pace che lei ha ricevuto e, appena pochi giorni fa, è tornata nella sua città per una visita di alcuni giorni.
«Dico con sincerità che non mi sento di rispondere a questa domanda, non conosco abbastanza la fondatrice dei Focolari, né il suo movimento. Lo potrò fare al termine del meeting di Cadine. Debbo dire che ho accettato volentieri l'invito di Mariapoli proprio per il mio desiderio di approfondire questo rapporto».
Che cosa si aspetta il Dalai Lama dai cattolici?
«Con la chiesa cattolica abbiamo rapporti ormai da più di 20 anni. I nostri monaci sono nei conventi di molti Paesi occidentali da tanto tempo. Hanno potuto apprezzare l'ottima organizzazione di queste strutture, oltre alla tolleranza e alla sobrietà di vita delle monache e dei monaci cattolici. Tra l'altro, a differenza dei nostri, i monaci cattolici sono molto bravi e apprezzati nell'attività sociale. Debbo dire che questo aspetto, ed è un male, è trascurato dai nostri monasteri. Ma sottolineare le differenze tra buddismo e cattolicesimo non ha molto senso».
Può chiarire in che senso Santità?
«Ogni religione in fondo ha gli stessi fondamenti: tolleranza, gentilezza, compassione. Ma il pensiero che mi preme condividere con voi è che non ha senso ricordarsi della religione, ricorrendo a Dio solo nei momenti difficili. Mentre se tutto va bene lo si dimentica. Pregare Budda, che per un buddista è il creatore, solo quando si hanno problemi potrà magari essere di conforto, ma la vera religiosità è quella di un percorso di vita che si rinnovi giorno per giorno. Lo stesso vale per un cristiano, non basta professare la fede ma la si deve fare diventare una massima che guidi l'esistenza».
Torniamo al Trentino. Lei è ospite di questa Provincia anche e soprattutto come capo di un governo in esilio. Che cosa può ottenere, in termini di aiuto? Si era parlato di una serie di progetti di cooperazione.
«In Tibet, sinceramente, è molto difficile operare. Diverso è quello che si può fare per la nostra comunità in esilio a Dharmasala, in India. Si sta lavorando per progetti di cooperazione agricola ma anche sullo scambio di studenti. In particolare siamo interessati all'istruzione in campo diplomatico che la Provicia di Trento ci può offrire tramite l'organizzazione dei "Popoli della Pace", oltre a quella della sua Università».
Oggi a Pinzolo le sarà assegnato il premio di "Solidarietà alpina". Che ne pensa?
«Mi fa piacere che arrivi da quella località perché ci sono delle affinità tra noi gente di montagna, tanti aspetti mi ricordano la mia terra. Ci sono delle piccole differenze, ma la mentalità è la stessa».


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