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15/02/2004
Battaglie silenziose - di Francesca Lancini


15/02/2004 Stato: Cina

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Fonte:Associazione Italia Tibet
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La storia di un monaco tibetano nel braccio della morte in Cina. Aveva condotto una rivolta non violenta contro le violazioni dei diritti umani perpetrate in Tibet dagli ufficiali cinesi. Resta poco tempo per salvarlo


Originale: Battaglie silenziose
(lingua: Italiano )
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La storia di un monaco tibetano nel braccio della morte in Cina. Aveva condotto una rivolta non violenta contro le violazioni dei diritti umani perpetrate in Tibet dagli ufficiali cinesi. Resta poco tempo per salvarlo

13 febbraio 2004 - "Ho lottato per un solo Paese, la Repubblica Popolare Cinese. Ho cercato di unire le persone, di migliorare le loro condizioni di vita, di proteggere l’ambiente. Ma tutto questo è stato considerato un crimine. L’ufficio degli Affari Religiosi mi disse poi che non potevo assumere il titolo di lama. Risposi loro che non mi interessava. Non voglio neppure il titolo di monaco, ma pretendo che mi siano riconosciuti i diritti di essere umano”. Sono alcune delle ultime parole di Tenzin Delek Rimpoche da uomo libero.

Il monaco tibetano è stato arrestato nell’aprile 2002 e condannato a morte otto mesi dopo. Oggi le organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch e, in Italia, l’Associazione Italia Tibet, lanciano un appello affinché le autorità cinesi concedano a Tenzin Delek un nuovo processo, secondo le regole internazionali, e tutto il mondo si ricordi della sua triste storia.
Non resta molto tempo per liberare il monaco dal braccio della morte. Tenzin Delken potrebbe essere ucciso il prossimo 7 aprile. L’esecuzione della sentenza, proclamata nel dicembre 2002, è stata sospesa per due anni: non è chiaro se a partire dal giorno dell’arresto (7 aprile 2002) o dalla data di conferma in appello della sentenza (10 gennaio 2003).
In Cina la causa del monaco è sottoposta a segreto di stato e i famigliari hanno cercato invano di farlo assistere da alcuni avvocati. Le autorità di Pechino accusano Tenzin Delken di essere responsabile di un attentato dinamitardo avvenuto il 3 aprile 2002 nella piazza centrale di Chengdu, capoluogo della provincia sud-occidentale del Sichuan. Lo ritengono fautore di “scissionismo”, il termine utilizzato dal governo cinese per condannare tutte le attività e le opinioni favorevoli all’indipendenza del Tibet.

In realtà, non ci sono elementi che provano la colpevolezza di Tenzin Delken. L’uomo, 52 anni, ha dedicato più di dieci anni allo sviluppo sociale delle popolazioni povere e nomadi del Sichuan e per questo era molto amato dagli abitanti della zona. Tenzin Delken ha fatto costruire scuole, ospedali e restaurare monasteri. Pechino lo sorvegliava dai primi anni ’90, da quando cioè il religioso rifiutò di riconoscere un secondo Panchen Lama imposto da Pechino e cresciuto "nell’amore per il Partito Comunista e per la madrepatria socialista". Il Panchen Lama destituito, un bambino di soli nove anni scelto dal Dalai Lama come reincarnazione della più alta personalità religiosa tibetana, fu rapito dalle autorità cinesi in quello stesso anno e portato in una località segreta.

Ma le battaglie per la libertà d’espressione e di credo di Tenzin Delken non si fermano qui. Per almeno due volte, nel ’97 e nel 2000, aveva dovuto nascondersi sulle montagne intorno alla sua città (Kardze) per fuggire alla cattura della polizia cinese. Tenzin aveva aperto un monastero senza permessi ufficiali e aveva protestato contro la deforestazione sfrenata e le attività di estrazione mineraria nell’area. “Ricevetti la chiamata degli ufficiali della Pubblica Sicurezza. Mi ordinarono di andare alla stazione di polizia senza dirlo a nessuno. Rifiutai. Il mio arresto doveva essere annunciato pubblicamente, urlato da un megafono da sopra un’auto. Sarebbero venuti con delle catene. Se avessi commesso dei crimini, avrebbero dovuto arrestarmi in questo modo”, disse una volta il religioso.

Anche gli abitanti di Kardze furono minacciati dagli ufficiali. Tra l’aprile 2002 e il gennaio 2003, dopo la cattura di Tenzin Delken, 60 tibetani vennero interrogati e altri 100 riuscirono a sfuggire alla polizia. Sei persone, finirono in prigione e due di queste – un monaco e un uomo d’affari - furono condannati dai cinque ai sette anni di carcere duro.
La Cina detiene il primato di esecuzioni capitali nel mondo: 1060 solo nel 2003. La pena di morte continua a essere usata in maniera estensiva e arbitraria contro gli oppositori politici.

Insieme a Tenzin Delken era stato arrestato un suo allievo di 28 anni, Lobsang Dhondup. I due uomini vennero processati un anno fa, in gennaio. Una volta pronunciata la condanna in appello, Tenzin fu trasferito in una prigione nella provincia settentrionale del Shandong (lontana 600 chilometri dal Sichuan), mentre Lobsang venne immediatamente ucciso.
Attualmente sarebbero circa 145 i prigionieri politici tibetani, 136 uomini e 9 donne. Tra loro ci sarebbero anche alcuni bambini. Nel Tibet, invaso dalle truppe cinesi nel 1950, sono oggi presenti 50mila soldati della Repubblica Popolare.

Francesca Lancini

Consulta  anche:Campagna per Tenzin Rimpoche 
Originale:Battaglie silenziose 

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