È tornato a ripeterlo nella laica Francia, il Dalai Lama, e proprio nei giorni in cui il cattolicesimo celebra i 25 anni di pontificato del Papa: «Non convertitevi, non abbandonate il cristianesimo per abbracciare il buddhismo». Il leader spirituale e politico del Tibet, in esilio dal 1959, ha parlato dai microfoni di radio France, affrontando un tema che non può non affrontare durante i suoi viaggi in Occidente, quando le sue conferenze raccolgono migliaia di spettatori. E quando, come appunto è avvenuto in Francia in questi giorni, i media registrano la capacità d'attrazione e seduzione che esercita il buddhismo (in questo caso nella sua variante lamaista).
Originale: Il commento di "le Figaro" (lingua: Italiano
)
Il leader tibetano consiglia di conservare la fede con la quale si è cresciuti. «Ho conosciuto persone che cambiando religione hanno attraversato difficoltà»
Il Dalai Lama: non abbandonate il cristianesimo per il buddhismo
È tornato a ripeterlo nella laica Francia, il Dalai Lama, e proprio nei giorni in cui il cattolicesimo celebra i 25 anni di pontificato del Papa: «Non convertitevi, non abbandonate il cristianesimo per abbracciare il buddhismo». Il leader spirituale e politico del Tibet, in esilio dal 1959, ha parlato dai microfoni di radio France, affrontando un tema che non può non affrontare durante i suoi viaggi in Occidente, quando le sue conferenze raccolgono migliaia di spettatori. E quando, come appunto è avvenuto in Francia in questi giorni, i media registrano la capacità d'attrazione e seduzione che esercita il buddhismo (in questo caso nella sua variante lamaista). «Negli anni Sessanta - ha detto Tenzin Gyatso, questo il nome della guida dei tibetani, premio Nobel per la Pace - ho conosciuto persone che hanno cambiato religione ma poi hanno attraversato difficoltà nella loro vita a causa di questa scelta. La cosa migliore, per chi crede, è conservare la fede con la quale si è cresciuti, la fede con la quale si è familiari». Questo tuttavia non impedisce, secondo l’interpretazione del Dalai Lama, di arricchire il proprio credo non buddhista con elementi della spiritualità buddhista o di ricorrere a tecniche di preghiera mutuate dal lamaismo. È un tema caro al Dalai Lama, quello delle conversioni intese come atti traumatici da sconsigliare. Dure le parole pronunciate proprio a Milano quattro anni fa, a esempio: «Cambiare religione non è facile, causa sofferenza, è un'esperienza molto dura da affrontare. E sono contrario a coloro che, per il fatto d'aver mutato religione, si sentono in diritto di criticare il loro vecchio credo. In Europa, Italia, Stati Uniti, molti mostrano interesse per il buddhismo», ma ci sono persone che «lo fanno solo per una curiosità superficiale». In un’altra occasione, rispondendo a una domanda sull’argomento fattagli da seguaci occidentali, l’«Oceano di saggezza» aveva sottolineato che le religioni di origine dei neoconvertiti al buddhismo «continuano a portare immensi benefici a milioni di persone, e per questo come buddhisti dobbiamo rispettare i diritti degli altri». Tornando così all’insegnamento fondamentale della compassione. Due anni fa i funzionari del governo tibetano in esilio, che ha sede nella città dell’India himalayana di Dharamsala, avevano dovuto respingere le voci che il Dalai Lama avesse in programma di convertire in massa fedeli indù al buddhismo. Fu una smentita categorica: «Il Dalai Lama è da sempre contrario alla conversione di individui o comunità da una religione all’altra». Per questo motivo, tuttavia, Tenzin Gyatso non ha mai nascosto la preoccupazione per le attività aggressive di proselitismo, condotte anche da parte di gruppi cristiani, nell’Asia meridionale. A questo proposito, in India le sue parole sono state a volte brandite da esponenti del nazionalismo indù che, fattisi forti dell’affermazione che «induismo e buddhismo sono religioni gemelle», contrastano con esiti spesso violenti missionari cristiani e musulmani.