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Kashmir, storia di un conflitto

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Rassegna stampa curata saltuariamente da Marco Vasta


26/11/2003  Il Dalai Lama può attendere


dal 26/11/2003 al 26/11/2003 Stato: Italia

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Il governo cinese ha letteralmente colonizzato il Tibet, trasferendo oltre sette milioni di cinesi e rendendo il popolo tibetano una minoranza etnica nel suo stesso paese. Le donne tibetane vengono indotte ad abortire e a sterilizzarsi. Entro il 2020 è previsto che quaranta milioni di coloni cinesi si stabiliscano in Tibet, con l'intento di cancellare il popolo che da millenni abita in quella regione.


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Il Dalai Lama può attendere
di Pietro Folena

Il Tibet è una regione montagnosa tra la Cina e l’India. Un altopiano in cui vive un popolo, con una sua lingua, una sua tradizione religiosa, una sua cultura. Da 53 anni il Tibet è stato annesso alla Cina, dopo una invasione militare. In quella regione i diritti umani non sono riconosciuti. La lingua e la cultura tibetana sono oggetto di discriminazione. Non è permesso esporre ritratti del Dalai Lama nei monasteri, spesso razziati da parte dell’esercito cinese. Il governo della Repubblica popolare attua una propaganda capillare, negando la stessa esistenza del popolo tibetano in quanto tale. Chi non si sottomette alle regole imposte dal governo, chi vuole difendere le peculiarità culturali del Tibet, viene incarcerato, torturato e condannato a morte.
La Cina ha il record mondiale di pene capitali. La Cina ha rapito nel ‘95 un bambino di 5 anni solo perché il Dalai Lama lo ha riconosciuto come reincarnazione del Panchen lama, la seconda autorità religiosa del buddismo tibetano.
Il Tibet, una delle regioni più suggestive del mondo dal punto di vista ambientale e paesaggistico, è stato pesantemente deforestato e usato come deposito di scorie nucleari. In 50 anni di occupazione sono stati demoliti circa seimila monasteri, templi e monumenti artistici e negli ultimi anni le ruspe hanno stravolto e appiattito la fisionomia urbana della capitale, Lhasa, distruggendone quasi completamente l'antico centro storico.
Il governo cinese ha letteralmente colonizzato il Tibet, trasferendo oltre sette milioni di cinesi e rendendo il popolo tibetano una minoranza etnica nel suo stesso paese. Le donne tibetane vengono indotte ad abortire e a sterilizzarsi. Entro il 2020 è previsto che quaranta milioni di coloni cinesi si stabiliscano in Tibet, con l'intento di cancellare il popolo che da millenni abita in quella regione.
La guida spirituale del popolo tibetano è un monaco, che vive in esilio (il governo cinese gli ha proposto di rientare, ma di stabilirsi a Pechino) e non può pregare con la sua gente nei pochi monasteri rimasti in piedi. Si chiama Tenzin Gyatso ed è il XIV Dalai Lama del Tibet. Nel 1989 ha ricevuto il premio Nobel per la Pace per la sua lotta a favore dei diritti del Tibet e per il suo impegno nonviolento. La nonviolenza è il chiodo fisso del Dalai Lama. Egli non chiede più per il Tibet l'indipendenza formale dalla Cina, ma ben altro. Chiede che il Tibet sia proclamato zona di ahimsa, cioè di pace e di nonviolenza. «Il mio sogno è trasformare l'intero altopiano tibetano in un libero rifugio in cui la specie umana e la natura possano vivere in pace e in armonioso equilibrio» - ha spiegato nel ricevere il Nobel - «Un luogo in cui le persone, provenienti da tutte le parti del mondo, potrebbero andare e cercare il vero significato della pace dentro se stessi, lontano dalle tensioni e dalle pressioni presenti nella maggior parte del resto del mondo. Il Tibet potrebbe veramente diventare un centro creativo per la promozione e lo sviluppo della pace».
Secondo la sua proposta in Tibet sarebbe proibita la produzione di armi e di scorie nucleari, l'intera regione sarebbe trasformata in una riserva naturale e diventerebbe la sede delle organizzazioni internazionali che si occupano di pace e diritti umani. Un santuario della pace, dove si pratichi una nonviolenza preventiva, in contrapposizione alle dottrine violente e guerrafondaie che oggi prevalgono nel mondo. Un oasi nella quale coltivare la spiritualità e la materialità della pace.
Questo pensatore illuminato, questo profeta della pace, leader spirituale del popolo tibetano, che abbiamo accolto ieri nel nostro Paese, oggi e domani visiterà l'Italia, su invito dell'Intergruppo parlamentare Italia-Tibet, di cui fanno parte rappresentanti di tutte le forze politiche presenti in parlamento. Lo ha già fatto nel 1994 e nel 1999 (quest'ultima volta su invito dei Democratici di Sinistra e dell'allora segretario Veltroni). In entrambe le occasioni fu ricevuto dal capo del governo: Berlusconi nel '94 e D'Alema nel '99.
Questa volta, però, il Dalai Lama dovrà forse accontentarsi del Sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver. Il presidente del consiglio Berlusconi non ha ancora comunicato se e quando potrà riceverlo.
Non sappiamo se si tratti di inerzia di qualche ufficio, se il presidente Berlusconi stia cercando, con scarso successo, di spostare impegni già presi in precedenza. Ce lo auguriamo.
Dopo quella sulla Cecenia, per la quale è stato censurato dal parlamento europeo, questa sarebbe l'ennesima gaffe (se così vogliamo chiamarla) che certo non gioverebbe all'immagine internazionale del nostro paese.
Ma il dubbio, legittimo, è che dietro ci sia la volontà di non infastidire il governo cinese. Recentemente Berlusconi è stato in Cina, in qualità di presidente di turno dell'Unione europea. In quella visita, come lui stesso ha candidamente ammesso, non ha parlato né del Tibet, né della pena di morte. Eppure il parlamento europeo ha condannato il comportamento cinese di costante violazione dei diritti umani. Eppure la Camera ha approvato nell'ottobre del 2002 una risoluzione che impegnava il governo a richiamare la Cina al rispetto dei diritti umani e a promuovere un processo di dialogo sino-tibetano. Nonostante questo il presidente del consiglio si è limitato a chiedere ai cinesi di non esportare in Italia prodotti con firme contraffatte.
Ci auguriamo che il presidente Berlusconi riesca a spostare gli improrogabili impegni che ha in agenda. I diritti umani valgono ben più che le borse di pelle.


Altri link: Associazione Italia Tibet 
Altri link: Il Dalai Lama può attendere 

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