31/03/2004
Ormai lottiamo pr la nostra identità (famiglia Cristiana) |
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31/03/2004 |
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31/03/2004
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Milano |
dove: | VIA BENACO – Consolato Cinese |
Fonte: | Associazione Italia Tibet |
In Breve
(lingua: Italiano
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«La nostra battaglia per il riconoscimento della minoranza tibetana non conosce differenze di sesso». Della sua infanzia nel campo profughi tibetani in India, dove è nata e cresciuta, Dolma Gyari ricorda «gli stenti, ma anche le grandi opportunità, perché eravamo a contatto con altre culture». I bambini buddhisti come lei frequentavano volentieri anche la chiesa cristiana e il tempio indù della zona, crescendo in quel clima di naturale tolleranza che è già una caratteristica del suo popolo.
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STORIE DI DONNE DOLMA GYARI, VICEPRESIDENTE DEL PARLAMENTO TIBETANO
«ORMAI LOTTIAMO PER LA NOSTRA IDENTITÀ»
«La nostra battaglia per il riconoscimento della minoranza tibetana non conosce differenze di sesso».
Della sua infanzia nel campo profughi tibetani in India, dove è nata e cresciuta, Dolma Gyari ricorda «gli stenti, ma anche le grandi opportunità, perché eravamo a contatto con altre culture». I bambini buddhisti come lei frequentavano volentieri anche la chiesa cristiana e il tempio indù della zona, crescendo in quel clima di naturale tolleranza che è già una caratteristica del suo popolo. Oggi Dolma Gyari è vice-presidente del Parlamento tibetano in esilio a Dharamsala, nel Nord dell’India, e appartiene alla diaspora dei 120 mila esuli che non vogliono o non possono ritornare nel Tibet occupato militarmente dalla Cina fin dal 1959.
Un popolo da salvare
«Ora non stiamo più lottando per avere una nazione, ma per salvare un’identità», afferma; e spiega: «Abbiamo abbandonato la battaglia per l’indipendenza del Tibet, ma ci sono problemi che richiedono una soluzione immediata. Adesso i tibetani sono una minoranza in Tibet, che è diventato una zona nuclearizzata ed è usato come discarica di scorie nucleari. La cultura e la religione tibetane, il nostro stesso modo di vivere sono a rischio. Che cosa vogliamo per il nostro popolo? Una reale autonomia, il diritto di governarsi e avanzare verso una genuina democrazia. Vogliamo pace, diritti umani, rispetto della vita e protezione dell’ambiente in Tibet». Con passione sofferta Dolma Gyari rievoca i quasi 2 milioni di morti in conseguenza dell’occupazione cinese: «Ogni famiglia tibetana ha perso qualcuno. Non furono sempre uccisi, ma morirono anche di fame e di freddo, come mia nonna e uno zio. Tante donne furono violentate, comprese le monache buddhiste; ancora oggi molte monache sono tenute prigioniere: per sperare di essere liberate, hanno bisogno dell’aiuto internazionale».
La maternità negata
Commenta amara: «Nell’andare in carcere, le donne hanno pari rappresentanza. Mentre la loro maggiore forza, che è quella di dare la vita, può diventare una debolezza: con l’obbligo del figlio unico è negata loro la gioia della maternità». All’interno della sua comunità in esilio, «non combattiamo per l’uguaglianza con gli uomini; noi lottiamo tutti insieme per la causa dei diritti umani in Tibet». Dolma è laureata in Scienze politiche e ha un master in legge, fa parte della classe dirigente del suo popolo ed è anche moglie, e madre di un bambino di 9 anni. Pensa un po’ alla propria vita mentre dice: «Nella nostra comunità il ruolo delle donne è importante sia nella vita familiare sia sociale. Siamo indipendenti, libere, ma con un giusto equilibrio. Per ora in campo amministrativo lavorano poche donne, però è in atto un cambiamento e penso che in 6-7 anni in quel settore avremo un 50% di presenza femminile. Invece le donne sono di più nella politica. Per l’emancipazione femminile sono importanti l’istruzione, l’educazione, e noi come Parlamento siamo attenti ad aiutare questa indipendenza, magari contro la mentalità più tradizionale delle famiglie».
Rosanna Biffi |
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lunedì 05 maggio 2003
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