In Breve
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É arrivata a palazzo Broletto, per il ricevimento in suo onore, con due lunghe sciarpe candide portate in dono ai presidenti della Provincia e del Consiglio provinciale, simbolo di accoglienza e augurio di buon auspicio.
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martedì 26 febbraio 2002 L'orrore della tortura sul tetto del mondo Il racconto di due giovani monache tibetane imprigionate
Manolo Morandini
PIOMBINO. Amnesty International e l'Associazione Italia Tibet, con l'incontro pubblico "Tibet oggi, speranza per domani", (sabato scorso, presso la sala consiliare del comune di Piombino), hanno raccontato la lotta eroica e commovente di un popolo minacciato d'estinzione. Su quel Tetto del Mondo, annesso alla Cina nel 1959, donne ed uomini, religiosi e laici, rivendicano, con determinazione quasi suicida, l'indipendenza del Tibet. Un invasore ostinato che ha polverizzato un inestimabile patrimonio culturale. Un incontro, per ascoltare due giovani donne, monache buddiste tibetane, Pasang Lhamo, 25 anni, e Choying Kunsang di 26. Due storie in cui il percorso dal convento al carcere è stato facile, è bastato protestare pacificamente per i diritti umani e l'indipendenza del Tibet. Allora, la memoria è tanto un dovere quanto una sofferenza che traspare dai volti delle due scampate. Dice Kunsang: "Entrata in monastero a sedici anni, a diciotto sono stata arrestata per una protesta, durata la pronuncia di due slogan." C'è gentilezza e pudore nelle sue parole: "Dopo sette mesi di torture sono stata condannata, senza processo, a quattro anni. In carcere la tortura è continua, poco mangiare e avariato, le percosse quotidiane come le torture psicologiche, al solo scopo di spingere a giurare fedeltà alla Cina. Poi, quando veniamo trasferite da una prigione all'altra ti tolgono il sangue per recuperare le spese del vitto." Nessuno chiede i dettagli, basta il racconto di Lhamo: "Ti torturano alle parti intime, con il bastone elettrico, quando nevica devi stare per ore a piedi nudi sul ghiaccio, mentre con il sole ti mettono un catino pieno d'acqua sulla testa e dei fogli di giornale sotto le ascelle per costringerti a restare immobile in piedi." Ed aggiunge: "Un dissidente politico è marchiato a vita, non ha più diritti. A chi non si rassegna resta il lungo viaggio verso l'India a Dharamsala, patria degli esuli tibetani." Dice Paolo Pobbiati, coordinatore per l'area Tibet, sezione Italiana: "La Cina oggi ha adottato una politica sottile, una facciata piacevole che può ingannare il turista, ma studiata per cancellare il popolo tibetano." Poi il saluto congiunto di Lhamo e Kunsang: "Chiediamo un po' di comprensione ed il vostro aiuto." |