Le drammatiche vicende accadute in Tibet nel corso di questo 2008 ci invitano ad organizzare una serata dedicata al popolo tibetano, alla sua cultura e allo splendido ambiente naturale che fa da scenario immobile alle violenze a cui stiamo assistendo. Abbiamo invitato Marco Vasta, profondo conoscitore della cultura tibetana in Tibet e nel Ladakh indiano, che ha raccontato le sue esperienze di viaggio in diverse opere tutte dedicate alle culture himalayane. Ha appena pubblicato con Stefano Pensotti un volume sul Tibet orientale con una analisi della insurrezione dei nomadi Khampa dal 1956 al 1974.
Con immagini fotografiche, scattate fra il 1986 ed il 2005, Marco vasta, consigliere dell'associazione Italia Tibet, propone una testimonianza diretta ed attenta della difficile situazione in cui il popolo tibetano è costretto a vivere. L'audiovisivo "Il sacco di Lhasa" consente di percorrere assieme il cambiamento sempre più veloce che ha portato Lhasa, capitale del Tibet, a perdere le proprie caratteristiche urbanistiche ed architettoniche ed a trasformarsi in una città cinese. Un sistematico piano di distruzione della identità di un popolo ormai divenuto straniero sulla propria terra. Un genocidio per sommersione che le autorità cinesi stanno attuando dopo lo sterminio avvenuto negli anni "60 e "70 che ha visto la morte di oltre un milione di tibetani.
Con immagini scattate nei viaggi fra il 1986 e il 1998, e che includono anche l'area occidentale del monte Kailash e quella orientale dell'Amdo, l'autore presenta questo processo sempre più veloce che ha portato ripetutamente l'Unesco (World Heritage Committee) ad esprimere profonda preoccupazione sulla sicurezza di un "patrimonio dell'umanità" quale è il centro di Lhasa.
Se dal punto di vista politico la Cina sta annientando il popolo e la cultura tibetana, dal punto di vista economico Lhasa ed il Tibet sono divenuti un gigantesco affare commerciale. Ai turisti cinesi ed occidentali viene presentata una città ordinata e pulita, di aspetto sempre più cinese-postmoderno. I tre monumenti principali sono ormai estranei al loro stesso contesto urbanistico e storico che li ha prodotti. Le immagini di monasteri ristrutturati, di monaci in preghiera, che accompagnano la proiezione nascondono una realtà di annientamento, di oppressivo e massiccio controllo di ogni dissenso
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