Stefania Marchesini e Marco Vasta, attivisti dell'associazione Italia Tibet, presentano il documentario "Il mio Tibet" di Piero Verni e Karma Chukey. __________________________
Lettera di Piero Verni agli spettatori
Cari amici, sono molto felice che abbiate deciso di dedicare uno spazio anche alla drammatica condizione politica in cui versa il Tibet da quando, nel lontano ottobre 1950, fu invaso ed illegalmente occupato dall'esercito della Repubblica Popolare Cinese. Il film che state per vedere, che ho realizzato insieme a mia moglie Karma Chukey, venne prodotto nel 1996 da Adelaide Aglietta (purtroppo prematuramente scomparsa nella primavera del 2000) che all'epoca era uno dei parlamentari europei più caparbiamente impegnati a sostenere le ragioni del popolo tibetano e della sua lotta per la libertà. La presentazione ufficiale de "Il Mio Tibet" (nella sua originale versione in inglese) venne fatta nella sala stampa della sede di Bruxelles del Parlamento Europeo ed ebbe un testimonial d'eccezione, l'attore statunitense Richard Gere, cosa che garantì al film una notevole risonanza mediatica (ne parlarono tutti i principali mezzi di informazione europei ed anche il TG1 italiano -cosa che ha dell'incredibile- gli concesse ben due minuti e mezzo nella sua edizione principale). Si tratta quindi di un documento che ha sulle spalle parecchi anni di vita e quindi mi sento in obbligo di fare (tramite questa lettera non potendo essere presente di persona a questa serata), qualche doverosa precisazione. Alcuni rappresentanti del governo tibetano in esilio intervistati ricoprono oggi incarichi diversi da quelli che avevano all'epoca della produzione del film; non prendiamo in esame il caso del piccolo Panchen Lama (riconosciuto a metà del 1995 dal Dalai Lama e successivamente sequestrato in località sconosciuta dalle autorità cinese) perché all'epoca del montaggio la vicenda era ancora al suo inizio e se ne sapeva ben poco; non si vedono immagini della massiccia presenza di turisti cinesi in Tibet dal momento che dieci anni or sono erano pressoché inesistenti e oggi invece superano di gran lunga quelli stranieri, presenza che sta creando ulteriori problemi ai tibetani; infine -ovviamente- non parliamo degli incontri che, a partire dal 2002, intercorrono tra un ristretto gruppo di inviati del Dalai Lama e alcuni dirigenti del Partito Comunista Cinese perché non erano ancora iniziati. Detto questo, però mi sento di aggiungere che nei suoi tratti essenziali, malauguratamente, il contenuto del "Mio Tibet" è ancora assolutamente attuale dal momento che nessuno dei problemi legati alla libertà del Tibet ed alla condizione del suo popolo è stato risolto. E, permettetemi di esprimere una mia personale opinione, non mi sembra che i contatti tra governo tibetano in esilio e Pechino a cui accennavo prima, stiano producendo alcun risultato apprezzabile e positivo. Quindi la situazione in Tibet è oggi, come nel 1996, assolutamente insostenibile dal punto di vista della dignità individuale e collettiva delle donne e degli uomini del Tibet che continuano ad essere privati anche dei più elementari diritti umani, civili, politici, sindacali e religiosi. Ed oggi come allora, gli unici autentici amici su cui i tibetani possono contare, sono tutti coloro che hanno ben presente quanto stia succedendo in Tibet da oltre cinquant'anni e non si rassegnano a veder morire quel popolo e quella civiltà nel generale silenzio. Siamo quindi noi, individui e organizzazioni, che possiamo fare qualcosa per il popolo di quel Paese delle Nevi che tanto ci ha regalato e continua a regalarci, tramite la sua cultura, la sua civiltà, i suoi insegnamenti spirituali. Non sarebbe male ricambiare tutto questo con la nostra convinta solidarietà. Grazie mille ancora di aver deciso di proiettare "Il Mio Tibet" nell'ambito della vostra rassegna e buona visione,
Piero Verni
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